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Quadro di Don Bosco

I COOPERATORI: VERI SALESIANI NEL MONDO

Autentici salesiani, ma “esterni”

I Salesiani Cooperatori sono stati fondati da Don Bosco ufficialmente nel 1876, anche se di fatto essi esistevano fin dai primi tempi dell’Oratorio di Valdocco. Sono laici o sacerdoti autenticamente salesiani, distinguendosi per il solo fatto di essere esterni come li definiva Don Bosco.

Egli scriveva infatti nel Regolamento definitivo del 12 luglio 1876:

«…Costoro, facendosi Cooperatori Salesiani, possono continuare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie a vivere come se di fatto fossero in Congregazione. Ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di S. Francesco di Sales cui intendono associarsi».

E ancora: «I membri della Congregazione Salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo, e a loro s’indirizzeranno ogni volta che l’opera di essi può giovare alla maggior gloria di Dio e a vantaggio delle anime. Colla medesima libertà, essendone il caso, i Cooperatori si rivolgeranno ai membri della Congregazione Salesiana».

È una vocazione

Nel linguaggio odierno quella del Cooperatore è una vocazione salesiana secolare, cioé il Cooperatore è un vero salesiano nel mondo.

Dallo Statuto (art. 2 §1): «Impegnarsi come Salesiani Cooperatori è rispondere alla vocazione salesiana, assumendo un modo specifico di vivere il Vangelo e di partecipare alla missione della Chiesa. È un dono e una libera scelta, che qualifica l’esistenza».

 

PERCHÈ SI DIVENTA COOPERATORI

Non si diventa Cooperatori per assumersi l’onere di un’altra attività in cui impegnarsi; lo si fa invece per corrispondere ad un appello del Signore, che continua a convocare mediante il carisma salesiano.

Rispondere dopo un adeguato discernimento porta all’obbedienza ai piani di Dio e alla Sua volontà.

Per chiarirci il perché di questa vocazione è utile rifarsi a quanto scritto da don Bosco nel suo regolamento originario, sotto il titolo Scopo dei Cooperatori Salesiani: «Scopo fondamentale dei Cooperatori Salesiani è di fare del bene a se stessi grazie a un tenore di vita, per quanto si può, simile a quello che si tiene nella vita comune».

Don Cafasso

Una strada per diventare santi

Quel “fare del bene a se stessi” significa ricercare la strada per il Paradiso, tramite un cammino personale di santificazione.

A tale proposito è illuminante la testimonianza di un illustre Cooperatore, Mons. Pasquale Morganti, che fu arcivescovo di Ravenna dal 1904 al 1921.

Nel suo “Manuale dei Cooperatori Salesiani” scriveva:

«È molto inesatta e monca l’opinione di coloro che fanno consistere la Cooperazione Salesiana solo in opere giovevoli ad altri. Don Bosco infatti ha avuto di mira, ed inculca innanzi tutto, la santificazione personale del Cooperatore, poiché solo in questa egli potrà lusingarsi di santificare altri».

E soggiunge: «Si rifletta che un Cooperatore negligente nella propria santificazione molto meno penserà a quella degli altri, e tutt’al più potrà sentirsi commosso dei loro bisogni fisici od anche sociali, ma per pura umana filantropia, non già per la carità soprannaturale, che animò Don Bosco».

Conclude: «Il vero Cooperatore dunque, nonostante la caratteristica sua cura per la gioventù, deve attendere seriamente alla propria santificazione e solo a questa fondamentale condizione egli viene iscritto e messo a parte di tanti favori spirituali».

Santificarsi lavorando per i giovani

Questo cammino di santificazione prevede una messe particolare, che è quella dei giovani.

In una prima conferenza ai Cooperatori di Torino (1878) Don Bosco si esprimeva così: «Volete fare una cosa buona? Educate la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educate la gioventù. Volete fare cosa santissima? Educate la gioventù. Volete fare cosa divina? Educate la gioventù. Anzi questa tra le cose divine è divinissima».

 

UN RITRATTO DEI PRIMI COOPERATORI DI DON BOSCO

Per conoscere una realtà è sempre bene andare alle origini.

Ecco quanto scrive don Eugenio Ceria nel volumetto “I Cooperatori Salesiani – un po’ di storia” donandoci un vivace spaccato di quanto succedesse nei primi tempi dell’oratorio…

Nell’Oratorio

«La Provvidenza dispose che Don Bosco intendesse per tempo l’importanza della libera cooperazione nelle opere di bene. Di mano in mano che la folla domenicale dei ragazzi cresceva intorno a lui, incominciò a ricorrere a sacerdoti ed a laici nobili e borghesi, che si offrivano a fare catechismo, scuola, assistenza in tempo di funzioni e ricreazione.

In chiesa essi guidavano i ragazzi nel canto, li preparavano ai sacramenti, li istruivano per ricevere degnamente la cresima; fuori di chiesa mantenevano l’ordine, accoglievano con amorevolezza i fanciulli quando giungevano all’Oratorio e li facevano trastullare, assegnando loro il luogo dove potersi a piacimento divertire.

Apprendisti al lavoro

Nel collocamento

Altro ufficio di questi suoi ausiliari era quello detto di collocamento. Molti giovani venuti da lontano si trovavano senza pane, senza occupazione, senza chi si prendesse cura di loro, e tosto gli accennati signori si davano premura di cercare quelli che non avessero lavoro, procuravano di pulirli e metterli in grado di presentarsi decentemente alle officine e li collocavano presso onesti padroni; lungo la settimana poi li visitavano e procuravano di ricondurli la domenica all’Oratorio, affinché non perdessero in un giorno il frutto delle sollecitudini di più settimane.

Nella scuola

Non basta. Parecchi di quei buoni laici durante la stagione invernale per vie allora disagiatissime si recavano ogni sera a fare la scuola di lettura, scrittura, canto, aritmetica e anche di lingua italiana. Alcuni di loro venivano tutti i giorni a mezzodì per insegnare il catechismo a chi maggiormente ne abbisognava.

Fra i signori secolari segnalatisi per carità e sacrificio Don Bosco fa con particolare compiacimento menzione di un negoziante, Giuseppe Gagliardi, che consacrava ai giovani dell’Oratorio ogni momento libero e ogni suo risparmio. Il Santo non lo dimenticò mai e avrebbe voluto che sempre i suoi ne conservassero grata memoria.

L’aiuto al femminile

E ancora, a proposito di signore, Don Bosco non cessava di ricordare caritatevoli dame dell’aristocrazia torinese che, quand’egli incominciò a ricoverare orfanelli, si prestavano a cucire, pulire, rappezzare e anche provvedere abiti e biancheria ai ragazzi più bisognosi.

Questa prima esperienza dei frutti d’una volontaria collaborazione, senza della quale non sarebbe stata possibile l’Opera degli Oratori, fu per Don Bosco il germe dell’idea, che sviluppandosi doveva finire con dar vita alla Pia Unione dei Cooperatori Salesiani».

 

LE CARATTERISTICHE DA VERIFICARE

Coloro che si sentono attirati a divenire Salesiani Cooperatori dovrebbero riscontrare in sè queste prerogative...

  • Essere convinti che diventare Cooperatore non è né un onere e neppure un’onorificenza.
  • Diventare Cooperatore è rispondere alla chiamata di Dio attraverso Don Bosco.
  • Avere l’umiltà di confrontarsi e lasciarsi guidare dal Salesiano/a che segue i Cooperatori.
  • Bisogna essere cristiani cattolici.
  • Coltivare la propria unione con Dio nella preghiera e nei sacramenti.
  • Amare la Chiesa condividendone il Magistero.
  • Avere a cuore l’impegno apostolico e l’evangelizzazione esplicita; avere il coraggio della propria fede.
  • Desiderare di conoscere sempre più Don Bosco, la sua vita e la sua esperienza di Dio.
  • Condividere i suoi tre “amori bianchi”: Gesù Eucaristia, Maria Ausiliatrice e il Papa.
  • Sapere che essere Cooperatore vuol dire avere simpatia e attenzione ai giovani.
  • Essere disponibili a donare tempo e forze per loro.
  • Coltivare uno spirito gioioso e la capacità di fare il primo passo.
  • Amare il lavoro e la collaborazione.

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